Ancora ingiustizie provocate dall’algoritmo nelle operazioni di nomina dei supplenti con chiamata da GPS, questa volta ai danni di una docente gravemente disabile che è rimasta esclusa dal primo turno di nomina in quanto non compariva affatto nel sistema informatico. E ciò nonostante la domanda di aggiornamento e quella della scelta delle 150 preferenze fossero corrette e corredate di tutta la documentazione attestante il grave stato di invalidità della docente.
Nuova sentenza algoritmo supplenze: quando ad essere esclusa è una docente gravemente disabile è ancor più inaccettabile
Il ricorso
Immediata è stata la reazione dell’insegnante che, con il patrocinio dell’Avvocato Maria Rosaria Altieri, del foro di Cassino, ha ottenuto giustizia dal Tribunale di Latina, il quale non solo le ha riconosciuto il diritto alla supplenza negata, ma anche tutte le retribuzioni perse in conseguenza dell’illegittima condotta del Ministero.
Nel ricorso, l’Avvocato Altieri ha rimarcato con forza che le norme a tutela dei disabili hanno natura imperativa, avendo la finalità di garanzia del pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e di autonomia della persona disabile, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società, nonché la prevenzione e la rimozione delle condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona disabile alla vita della collettività, nonché la predisposizione di interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona disabile.
Le motivazioni della sentenza
Nelle motivazioni della sentenza, resa l’8 ottobre scorso, il Giudice ha evidenziato come dalla Legge N. 68 del 1999, art. 3, può evincersi con certezza che, nel pubblico impiego, ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato. Si tratta di un diritto da osservarsi, stante la sua inderogabilità, dalla pubblica amministrazione – tenuta in materia, come i privati datori di lavoro – al rispetto del principio fissato dall’articolo 38 della Costituzione, insuscettibile di essere disatteso.
Il Tribunale ha, poi, sottolineato come l’esercizio del diritto del disabile allo stabile inserimento nel mondo del lavoro, garantito con l’attribuzione della quota di riserva in riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato, non può essere in alcun modo denegato, perché ciò tradirebbe la ratio che sorregge il compendio normativo di cui alla 1.68/99, dando adito ad una situazione di precarietà di vita gravemente incidente sul piano psicofisico dell’inabile, certamente non coerente con il dettato costituzionale di cui all’art. 38 e con la tutela con esso apprestata in favore dei disabili.