Tribunale
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Il Tribunale di Milano ha sollevato una questione sulla legittimità costituzionale del Bonus Mamme, che esclude di fatto le lavoratrici precarie dalla possibilità di accedere a un beneficio previdenziale di rilevanza economica. Questa misura, che potrebbe arrivare fino a 3.000 euro annui, è stata giudicata potenzialmente discriminatoria. Il caso, come riporta Anief, è ora in attesa di una decisione della Corte Costituzionale.

La difesa delle precarie e il bonus mamme

Marcello Pacifico, presidente di Anief, riferisce che il sindacato aveva già intrapreso azioni legali per tutelare le madri con contratti a tempo determinato. In particolare nel settore scolastico. Le lavoratrici interessate includono insegnanti, personale Ata e altri ruoli di supporto educativo nelle scuole. “Il nostro ufficio legale – afferma Pacifico – ha già avviato ricorsi per le mamme precarie della scuola, e attendiamo con fiducia il giudizio della Consulta. Nel frattempo, è sempre possibile aderire al ricorso e inviare una diffida per interrompere la prescrizione dei crediti vantati.”

La discriminazione rilevata dal Tribunale

Il tribunale milanese ha evidenziato che l’INPS non ha garantito l’esonero contributivo (confermato anche per il 2025) alle lavoratrici mamme precarie, configurando una disparità di trattamento rispetto ad altre categorie. Tale esclusione riguarda il mancato beneficio economico fino a 3.000 euro, previsto dalla Circolare INPS n. 27 del 31 gennaio 2024. In particolare, sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale per l’articolo 1, commi 180 e 181, della legge 213/2023, considerata in contrasto con gli articoli 3, 31 e 117 della Costituzione.