Ieri 25 gennaio a Roma, al Centro multimediale “Esperienza Europa – David Sassoli”, un gruppo di noti esperti formato da Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini e Nicola Striano ha presentato la proposta di legge secondo cui si istituzionalizzerebbe la cosiddetta “cattedra inclusiva”. Se da una parte tale progetto rivoluzionario sta già raccogliendo tanti consensi, dall’altro si palesano già le problematicità che potrebbe comportare: di seguito il punto sulla questione.

La cattedra inclusiva, tanti i consensi: in cosa consiste

“Nelle scuole di ogni ordine e grado tutti i docenti incaricati sui posti comuni effettuano una parte del loro orario con incarico su posto di sostegno, mentre tutti i docenti con incarico su posto di sostegno effettuano, anche nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa dell’istituto, una parte del loro orario su posto comune”: è questa la “rivoluzione” della ‘cattedra inclusiva’, così come viene definita dal progetto di legge presentato ieri. Come hanno spiegato i promotori, si tratta di “un provvedimento legislativo e prima ancora culturale, con il quale la scuola viene riportata al centro delle politiche inclusive”. Sulla piattaforma change.org si stanno raccogliendo firme a sostegno della proposta. Da una ricerca condotta dalla Fondazione Erickson lo scorso ottobre è emerso che su più di tremila insegnanti intervistati, sia di sostegno che ordinari, più del 70% vede in modo positivo l’introduzione della cattedra polivalente.

Le criticità della proposta

Non tutti, però la pensano nello stesso modo: in un’intervista a ‘La voce della Scuola, il professore Flavio Fogarolo, esperto in inclusione scolastica, ha messo in luce le criticità del DDL sulla cattedra inclusiva. “È una proposta irrealizzabile, soprattutto alla secondaria. Penso a chi all’inizio dell’anno redige gli orari, operazione già adesso spesso assai complessa, che dovrebbe inserire qualche ora di insegnamento per tutti gli insegnanti di sostegno in servizio, ovviamente nella classe di concorso di ciascuno, da incastrare però con le ore degli insegnanti curricolari che devono fare anche sostegno” ha esordito.

Ha poi sottolineato le difficoltà inevitabili nel dover formare i docenti non specializzati, operazione che in base a quanto indicato dal DDL dovrebbe esplicarsi in 6 anni: “Come si può pensare di specializzare tutti, o quasi, gli insegnanti in servizio attraverso dei corsi oceanici di 80.000 persone al colpo (ma biennali, quindi 160.000 dal secondo anno in poi)? Ricordo che adesso si stanno formando in tutto 29.000 docenti di sostegno e di media le università accolgono 500 corsisti ciascuna, salvo una decina di atenei, tutti nel sud, che ne hanno da 1.000 in su”.

Infine, il professore Fogarolo ha messo in luce un altro importante aspetto, la svalutazione del ruolo del docente di sostegno: “la criticità maggiore, secondo me, è il rischio che si squalifichi pesantemente la professionalità dell’insegnante di sostegno, ridotto a una figura liberamente intercambiabile. Un lavoro che può fare qualunque insegnante, qualsiasi materia insegni, basta seguire un corso per metà on line”.