Tra meno di un mese prenderà il via l’anno scolastico 2024/25. Una delle questioni più dibattute durante l’avvio è quella legata all’assegnazione dei docenti alle classi. Tematica su cui spesso emergono dubbi o perplessità che alimentano le polemiche: è il Dirigente Scolastico a decidere discrezionalmente? Deve tenere conto del parere degli organi collegiali?

L’iter da seguire nell’assegnazione dei docenti alle classi

Il riferimento legislativo sulla materia è, ovviamente, il D. Lgs. 297/94. Traendo le indicazioni dal Testo Unico, emerge un preciso percorso da seguire nell’assegnazione dei docenti alle classi. Questo è sintetizzabile in tre step:

  • Consiglio di circolo o di istituto: secondo l’art. 10 c. 4 della succitata legge, indica i criteri generali relativi alla formazione delle classi e all’assegnazione ad esse dei singoli docenti;
  • Collegio Docenti: formula proposte al Dirigente Scolastico per la formazione, la composizione delle classi e l’assegnazione ad esse dei docenti (art. 7 c. 2 lettera b);
  • Dirigente Scolastico: procede alla formazione delle classi e all’assegnazione ad esse dei singoli docenti (art. 396 c. 2 lettera d).

Alla luce di ciò, è il Dirigente Scolastico che procede all’assegnazione dei docenti alle classi. Ciò, però, deve essere definito sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio di circolo o di istituto e delle successive proposte del Collegio Docenti. Appurato quanto sopra, vi sono teorie contrastanti sulla discrezionalità in capo al Dirigente Scolastico. Quest’ultimo può discostarsi rispetto a quanto stabilito dagli organi collegiali? La risposta è affermativa, ma ciò deve essere adeguatamente motivato.

A livello giurisprudenziale, infatti, il tribunale di Agrigento, con sentenza 2778 del 3 dicembre 2004, ha annullato il provvedimento di un DS in quanto non vi era indicata la motivazione degli scostamenti, oltre ad aver invertito il procedimento di cui sopra (prima era stato chiesto il parere al Collegio Docenti e successivamente erano stati indicati i criteri generali dal Consiglio di circolo o di istituto). A ribadirlo è stata anche la Corte di Cassazione con ordinanza n. 11548/2020. Quindi, riepilogando, è il Dirigente Scolastico a decidere l’assegnazione dei docenti alle classi, ma nel farlo deve rispettare l’iter esposto e tenere in considerazione criteri e proposte degli organi collegiali, motivando eventuali variazioni.

Plessi in comuni diversi rispetto alla sede principale: cosa accade in questo caso?

Come disposto dall’art. 3 c. 5 del CCNI sulla mobilità 2022-25, “i posti di un’autonomia scolastica situati in sedi ubicate in comuni diversi rispetto a quello sede di organico sono assegnati, nel limite delle disponibilità destinate ai movimenti, salvaguardando la continuità didattica e il criterio di maggiore punteggio nella graduatoria di istituto, secondo le modalità e i criteri definiti dalla contrattazione di istituto. La contrattazione dovrà concludersi in tempi utili per il regolare avvio dell’anno scolastico di riferimento. Sono comunque salvaguardate le precedenze di cui al successivo articolo 13”.

Dunque, appare evidente che un docente che non ha continuità didattica, con minor punteggio in graduatoria interna o che non ha precedenze di cui all’art. 13, potrebbe essere assegnato nel plesso ubicato nel comune diverso rispetto alla sede principale. Nei casi contrari, non potrà accadere. Da notare che, in questo caso, è prevista la contrattazione di istituto. Ciò non accade nell’assegnazione dei docenti alle classi della sede principale o in plessi dello stesso comune. In queste ultime ipotesi, ci sarà solo un confronto a livello di istituzione scolastica (art. 22 c. 8 lettera b2 del CCNL 2016-18).