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Disegno pensionati

Si avvicina sempre di più l’approvazione e l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2025, ma che cosa cambierà nel concreto per le pensioni? Se da un lato sono state confermate perlopiù le misure di quest’anno (Quota 103, Opzione donna e Ape sociale), dall’altro è ancora aperta la discussione sui trattamenti minimi e i giovani.

Pensioni 2025: le novità su trattamenti minimi

Come precedentemente anticipato, la nuova manovra finanziaria non conterrà grosse sorprese dal punto di vista pensionistico. Tuttavia resterebbe ancora aperto il confronto sulle pensioni minime e sulla previdenza integrativa per i lavoratori interamente contributivi. Nel primo caso starebbe continuando il pressing di Forza Italia per garantire un ulteriore aumento al di là di quello determinato dal tasso di inflazione, che porterebbe gli importi a salire di poco più di 3 euro al mese: da 614,77 a 617,89 euro.

L’obiettivo della maggioranza sarebbe in realtà quello di portare gli assegni ad almeno a 620 euro o, meglio ancora, a 630. Non ci sarebbero, però, buone notizie in merito perché ciò significherebbe aumentare notevolmente i fondi a disposizione.

Pensioni integrative per i lavoratori contributivi

La Lega, invece, punta sulla possibilità di inserire un ‘ponte’ tra la previdenza obbligatoria e integrativa per gli accessi al pensionamento anticipato con 64 anni e 20 di contribuzione dei giovani interamente contributivi. Per utilizzare questo canale d’uscita i lavoratori che hanno cominciato l’attività dopo il 31 dicembre 1995 dovrebbero essere in grado di raggiungere un importo pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale. In un primo momento sembrava che la misura fosse destinata a passare, ma alla fine il meccanismo è stato previsto solo per il raggiungimento del limite di una volta l’assegno sociale fissato per l’accesso alla pensione dei cosiddetti contributivi puri con 67 anni d’età e 20 di versamenti.

Al di là dei possibili cambiamenti ancora in corso, il presidente Inps Gabriele Fava si è espresso favorevolmente sulla manovra, che a suo avviso “prevede interventi che potrebbero determinare effetti positivi in termini macroeconomici, con risvolti anche favorevoli sulla tenuta del sistema previdenziale”. Inoltre in questo contesto ”assume rilevanza il ritorno al regime di perequazione ordinario delle pensioni rispetto all’inflazione, il quale non può essere eccessivamente disatteso se non per far fronte a situazioni connotate da temporaneità come accaduto soprattutto negli anni del Covid”.