Questo ‘modus operandi’ in tema di reclutamento non piace su più fronti. Non piace agli idonei che si ritrovano a dover sostenere nuovamente le stesse prove per poter inseguire la strada del ruolo. E non piace a molti precari che, restii alla partecipazione ai concorsi, restando ancorati allo ‘status’ di supplenti, temono di non poter lavorare i prossimi anni e che vi sia scarsità di supplenze. È davvero così? Proviamo a ragionarci insieme.
Concorsi e supplenze ‘fisiologiche’
Il continuo bandire concorsi (concorso PNRR 1, PNRR 2 e ci sarà anche un PNRR 3) non sembra essersi dimostrato un metodo esaustivo per sanare il precariato. Come spesso lamentato da alcune sigle sindacali probabilmente l’unica soluzione plausibile sarebbe un doppio canale di reclutamento, che non si avvalga solo delle graduatorie di merito concorsuali. Doppio canale che, come si può ben comprendere, non è quanto viene applicato negli ultimi anni sul sostegno. In questo ultimo caso si attinge infatti dalle GPS solo in via residuale, mentre servirebbero due canali che corrano parallelamente in via ordinaria, attingendo al 50% dall’una e dall’altra graduatoria (come avviene ancora in quelle province dove esistono le Gae).
A parte questa soluzione, che da anni non trova il benestare dei vari ministeri che si sono susseguiti, la preoccupazione dei precari può essere attenuata considerando che il lavoro continuerà per certo a non mancare sulle cosiddette “supplenze fisiologiche”, cioè quelle supplenze inevitabili che ogni anno si ripresentano a causa di congedi, maternità, aspettativa e malattia dei docenti titolari.
Inoltre saranno probabilmente anche molti i casi di cattedre al 30 giugno a seguito delle assegnazioni provvisorie. L’esempio tipico è di quegli insegnanti che hanno scelto regioni lontane da casa per poter entrare in ruolo, avendo più cattedre a disposizione, ma che tenteranno la strada dell’assegnazione provvisoria per avvicinarsi, in attesa di ottenere il trasferimento.