La bozza del decreto ministeriale, attuativo del DL 71, presentata ai sindacati lo scorso 30 gennaio sta facendo già discutere. Attraverso questa misura i docenti precari di sostegno, su richiesta della famiglia e con il placet del dirigente scolastico, potranno essere confermati con precedenza assoluta rispetto al restante personale a tempo determinato, sul medesimo posto di sostegno assegnato nel precedente anno scolastico. Anche la FLC CGIL è contrario alla conferma del docente di sostegno da parte delle famiglie: riportiamo il comunicato del sindacato.

Il provvedimento sulla conferma del docente di sostegno è grave e lesivo

Come FLC CGIL, lo riteniamo un provvedimento grave e lesivo della trasparenza delle procedure di reclutamento: rappresenta, infatti, una spada di Damocle sulla libertà di insegnamento e risponde a un’idea di scuola come servizio a domanda individuale sottoposto alle leggi di mercato. Smantellare il sistema di reclutamento basato sulle graduatorie, su regole certe e trasparenti, significherà inevitabilmente sostituirlo con un sistema clientelare soggetto a vincoli e consensi in netto contrasto con i principi di trasparenza e pluralismo sanciti dalla Costituzione.

La stabilizzazione dei docenti precari è la soluzione

La norma che prevede la conferma del docente di sostegno da parte delle famiglie, inoltre, rende manifesta la totale inadeguatezza e incapacità del Ministero di dare continuità all’offerta formativa attraverso la stabilità degli organici di sostegno caratterizzati, ad oggi, da un insostenibile livello di precarietà. Al di là di vuoti slogan demagogici, non è difficile capire che la continuità si può realizzare solo con la progressiva stabilizzazione dei posti in deroga e l’implementazione dell’offerta formativa dei percorsi di specializzazione, favorendo l’accesso, riducendone i costi, adeguandola al fabbisogno regionale. Il ruolo fondamentale degli insegnanti di sostegno va riconosciuto attraverso condizioni di lavoro e contrattuali dignitose e non soggette al gradimento o alla subalternità a interessi particolari.

Occorre dunque una proposta seria e sostenibile che valorizzi e difenda il modello di inclusione della scuola italiana, fondato sui principi di non discriminazione e accesso universale e su pratiche che garantiscono l’inclusione di tutte le alunne e gli alunni. Questo provvedimento rischia invece, di compromettere ulteriormente questo modello.