Come procedere quando si è vittima di diffamazione sui social media? E’ la domanda che ci pone una lettrice, che scrive: “Buonasera, sono una docente presso un istituto comprensivo. Ieri un gruppo di studenti mi ha comunicato che nei giorni scorsi su Instagram é stata pubblicata una frase offensiva nei miei confronti associato al mio cognome. Fatto che mi ha molto amareggiata. Superato l’impatto emotivo, cosa fare? Procedere con un querela? Chiedere l’intervento della DS? ( Chiaramente gli alunni hanno rivelato il nome del “responsabile” del gesto, account con nome di fantasia). Come procedere?” Risponde alla domanda l’Avv. Angela Maria Fasano.
Diffamazione sui social e normativa
L’avvocato risponde: Si tratta diffamazione esternata per il tramite di un canale social. Con il sempre maggiore sviluppo delle tecnologie digitali, uno dei principali problemi che affligge le persone che utilizzano i vari social network è quello di tutelare al massimo la propria reputazione, evitando che la stessa possa essere compromessa da contenuti pubblicati da altre persone che, nello specifico, possono provocare degli enormi pregiudizi da un punto di vista economico o morale. Il discorso d’odio (dall’inglese hate speech) è un fenomeno che degenera spesso in diffamazione sui social. È una involuzione delle relazioni sociali su internet della quale si possono ricercare le origini sin dai primi anni della diffusione di queste piattaforme social.
La disciplina della diffamazione è affidata all’art. 595 del Codice Penale, il quale stabilisce che “Chiunque, fuori dai casi dell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa non inferiore a cinquecentosedici euro. Se l’offesa è recata ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad un’Autorità costituita in Collegio, le pene sono aumentate“.
Nel caso di specie, dunque, trattandosi di diffamazione sui social network, o di ingiuria sul social stessi, dobbiamo avere riguardo alla fattispecie delineata dal secondo comma dell’articolo richiamato, laddove fa riferimento all’offesa “recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità“.
Come procedere in caso di diffamazione?
In tal senso, la docente dovrà fare lo screen dell’immagine e procedere immediatamente con querela, avvisando preventivamente il Dirigente Scolastico che, in via generale dovrà intervenire sul punto avvisando i genitori. In questo caso saranno responsabili i genitori per violazione degli obblighi di vigilanza e di custodia. I genitori sono responsabili per gli illeciti commessi dai figli, siano illeciti civili, ad esempio, una pallonata involontaria contro un vetro, sia penali, ad esempio, atti di bullismo o reati commessi attraverso i social network.
La responsabilità consegue dalla violazione dell’obbligo di sorveglianza materiale e fisica che grava sui genitori in relazione figli e del dovere di impartire agli stessi un’adeguata educazione. Un’educazione non adeguata da parte dei genitori, come fondamento della responsabilità degli stessi per il fatto illecito commesso da un figlio minore, in mancanza di una prova contraria, può essere dedotta dalle modalità dello stesso fatto illecito, che possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore.
La responsabilità dei genitori e la responsabilità del minore concorrono tra loro. Se lo stesso è capace di intendere e di volere, è direttamente responsabile del danno ingiusto causato, secondo le norme della responsabilità civile (Cass. civ., S.U., 27 giugno 2002, n. 9346; Cass. civ., 26 giugno 2001, n. 8740). La responsabilità dei genitori si aggiunge a quella del minore capace di intendere e di volere, configurandosi come responsabilità solidale. La conseguenza è che la domanda di risarcimento può essere proposta sia contro i genitori sia contro il minore, autore dell’illecito. Si consiglia, quindi, alla docente di agire attraverso tutela della propria immagine e dignità, mediante querela, rammentando che la querela va presentata entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato, salvo che la legge disponga diversamente.