La posizione giuridica dei diplomati magistrale depennati, dopo il superamento dell’anno di prova, è una vicenda nota e ancora non conclusa. La questione è quella dei docenti della scuola italiana che, in seguito a giudizi amministrativi il cui sviluppo processuale si è delineato dinanzi ai competenti TAR, sono stati inserti con riserva in GAE e, poi, a distanza di anni, a causa del mutamento dell’orientamento giurisprudenziale sono stati, prima depennati, e poi licenziati. E ciò con gravi, gravissime, ripercussioni dal punto di vista curriculare, professionale ed economico.
Diplomati magistrale depennati e licenziati: la domanda della lettrice
Una lettrice ci chiede: “ho letto un vostro articolo riguardo ai diplomati magistrali in ruolo con riserva con anno di prova superato. Vorrei avere qualche informazione a riguardo, in quanto sono stata assunta giuridicamente nel 2017-18, economicamente nel 2018-19 e con anno di prova superato nel luglio 2020 per poi essere depennata a marzo del 2021 e visto tramutato il contratto a tempo determinato fino al 30 giugno ad aprile”. Risponde alla richiesta di chiarimenti l’Avvocato Angela Maria Fasano.
Diplomati magistrale assunti e licenziati e competenze
Le scuole di titolarità – spiega l’Avvocato Fasano – hanno consentito a questi docenti di svolgere l’anno di formazione/prova finalizzato alla “conferma in ruolo”; in particolare i Dirigenti scolastici hanno decretato la competenza e la professionalità acquisita sul campo con atto definitivo avente valore certificativo. Se si pensa che a distanza di anni sia poi intervenuta una risoluzione contrattuale, la questione ha dell’inverosimile! Dal punto di vista giuridico, pur tuttavia, ritengo che il MIM (prima MIUR) e le sue amministrazioni statali periferiche siano passibili di censura.
In questo caso, quindi, l’avere svolto attività didattica presso le scuole statali è considerato titolo equiparabile all’abilitazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13 (cd. sentenza Mascolo)” e che, “Del resto, un’identica equiparazione tra lo svolgimento di almeno tre annualità di servizio ed il titolo abilitativo è contenuta nell’art. 1, quinto comma, lett. a) del D.L. 29 ottobre 2019, n. 126, convertito con L. 20 dicembre 2019, n. 159, ai fini dell’indizione di una procedura straordinaria finalizzata alla stabilizzazione di ventiquattromila docenti precari per concorso, cui potranno partecipare coloro che hanno svolto tra il 2008/09 ed il 2019/20 almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali” (così pronuncia n. 4167/20).
Esperienza e abilitazione
È indubitabile che, i docenti DM abbiano consacrato un’esperienza di docenza “maturata sul campo”, la quale li ha resi tutti abilitati all’insegnamento. E ciò perché, a parere di chi scrive, si è consumata una grave violazione delle norme comunitarie in relazione ai seguenti principi:
- La circostanza che i deducenti abbiano superato il periodo di formazione e prova con una attestazione – il decreto di conferma in ruolo – delle competenze fondamentali ai fini dell’insegnamento, grazie a un percorso di formazione e prova durato 180 die.
- La discriminazione subita anche rispetto agli altri docenti a termine inseriti nelle graduatorie permanenti, poi trasformate in GAE, in quanto in base all’art. 2, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), c-ter), commi 1-bis e 1-ter della legge n. 143 del 4 giugno 2004, per ottenere l’inserimento nelle graduatorie permanenti era sufficiente la frequenza di corsi speciali abilitanti, di durata annuale, riservati ai docenti in possesso di 360 giorni di servizio. Questi corsi abilitanti non avevano nessun valore concorsuale e, nonostante ciò, consentivano l’ingresso nelle graduatorie permanenti. Le graduatorie permanenti erano pertanto solo graduatorie per titoli e servizio riservate ai docenti in possesso dell’idoneità concorsuale oppure dell’abilitazione comunque conseguita.
Procedere legalmente si può
In tal senso, richiamando la normativa comunitaria e la presenza di un decreto di conferma in ruolo si può procedere legalmente al fine di evidenziare l’illegittimo depennamento e il conseguente licenziamento o risoluzione contrattuale.
La ragione ispiratrice è allora costituita dalla volontà, espressa dal legislatore comunitario, di proteggere l’affidamento del privato, il quale abbia superato le prove di esame e – in ipotesi – avviato in buona fede la relativa attività professionale, nonché l’interesse generale alla certezza dei tempi di accertamento dell’idoneità dei candidati e dei relativi rapporti da loro instaurati nello svolgimento dell’attività professionale di cui si tratta. Ciò oggi è possibile, anche puntando l’attenzione sul “ritardo processuale” con cui il CDS ha negato il diritto alla permanenza in GAE per chi avesse conseguiti il fatidico titolo.
Dopo anni di consolidamento della propria posizione curriculare come docente di ruolo, le lungaggini processuali hanno determinato un grave danno. Se il processo amministrativo si fosse consumato entro breve termine, certamente non si sarebbero consolidate tali posizioni e aspettative. Possibile, ergo, invocare in tutela dei DM anche la legge Pinto.
In conclusione, la scrivente ritiene che vi siano forme di tutela e che le stesse “possono” aiutare eventualmente il docente in un ristoro di natura economica e contrattuale, sempre nell’ottica dell’alea del processo.
avv. Angela Maria Fasano