L’istituto contrattuale che consente al docente di ruolo di accettare incarichi di supplenza è regolato dall’art. 36 del CCNL 2007 (che verrà sostituito dall’art. 47 del CCNL 2019/21 quando questo entrerà in vigore). Una lettrice ci chiede: “Buongiorno, avrei un quesito da porre. Sono una docente di ruolo nel sostegno e sono iscritta nelle GPS dalle quali ho ricevuto il 31/08 una convocazione sulla materia di 7 ore (incarico fino al 30/06) che ho preso chiedendo l’art 36 alla scuola in cui ho la titolarità. Sono sopraggiunti alcuni problemi personali e vorrei sapere se posso recedere dal contratto a tempo determinato appena avuto. Non voglio rientrare nella mia scuola di titolarità ma vorrei prendermi un anno di aspettativa senza stipendio e non ho nessun problema ad essere depennata dalle graduatorie. Aggiungo che ho preso un anno sabbatico nel 2014-2015 (aspettativa senza retribuzione). Risponde l’Avvocato Maria Rosaria Altieri.

La disciplina contrattuale delle supplenze del personale di ruolo

Come già si è avuto modo di chiarire, secondo quanto stabilito dal medesimo art. 36 CCNL, le annualità di servizio svolte in ragione dell’accettazione degli incarichi ex art 36 CCNL, interrompono il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e comportano l’applicazione della disciplina prevista per rapporto di lavoro a tempo determinato con riferimento alla fascia stipendiale, al trattamento giuridico delle ferie, dei permessi e delle assenze e alla valutazione dell’anzianità di servizio ai fini della ricostruzione di carriera

Trattandosi di supplenze annuali o al 30 giugno, al termine del contratto il docente tornerà in servizio nel posto ove ha la titolarità di ruolo, il giorno successivo alla scadenza del contratto. Dunque, nel caso di supplenza al 30 giugno, il docente rientrerà in servizio il 1° luglio, nel caso di supplenza al 31 agosto, il docente rientrerà in servizio il 1° settembre, senza che sia necessario da parte del docente licenziarsi dalla supplenza, atteso che il contratto a tempo determinato è arrivato alla sua naturale conclusione.

Le dimissioni dalla supplenza ex art 36 CCNL 2007

In linea di principio le dimissioni dal lavoro (anche a tempo determinato) sono sempre possibili, trattandosi di un negozio unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro nel momento in cui l’atto venga a conoscenza del datore di lavoro (Cass., n. 9575 del 2011). Tuttavia, nel caso del docente a tempo determinato (tale è da considerarsi anche il docente di ruolo che accetti supplenza ex art. 36 CCNL) che cessi il rapporto di lavoro prima della scadenza naturale del contratto, trovano applicazione le sanzioni previste dall’O.M. n. 112 del 6 maggio 2022, che all’art. 14, comma 1, lett. b), prevede che l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze al 31/08 ovvero al 30/06, sia sulla base delle GAE che delle GPS, nonché, in caso di esaurimento o incapienza delle medesime (GaE e GPS), sulla base delle graduatorie di istituto, per tutte le classi di concorso e posti di insegnamento di ogni grado d’istruzione, per l’intero periodo di vigenza delle graduatorie medesime.

Poiché il docente di ruolo con incarico ex art. 36 CCNL che si dimette dalla supplenza, deve tornare nella sede ove ha la titolarità di ruolo, la concreta possibilità di dare le dimissioni è senz’altro da escludere quando il posto lasciato libero dal docente di ruolo sia stato occupato da altro docente che abbia ancora in corso la supplenza, atteso che né nel CCNL, né nel contratto individuale di lavoro è prevista come clausola risolutiva espressa il rientro del titolare. Dunque, il docente di ruolo non può rientrare nella sede di titolarità interrompendo il contratto del supplente che, nel frattempo, ha occupato il suo posto. Negli altri casi, nel silenzio della norma, la possibilità del rientro anticipato sembrerebbe non potersi escludere, con la precisazione che tale conclusione non è senz’altro pacifica.

La disciplina contrattuale dell’aspettativa

In quest’ultimo caso, il docente che rientra nel posto di ruolo può richiedere l’aspettativa per motivi di famiglia e personali prevista dall’art. 18, comma 1, del CCNL 2007. Nella domanda dovrà indicare i motivi della richiesta, allegando eventuale documentazione giustificativa. Questa aspettativa non vale né a fini economici, in quanto non è retribuita e non vi è versamento di contributi, e neppure a fini giuridici, in quanto non vale i fini dell’anzianità di servizio, progressione di carriera, punteggio della continuità.

Questa aspettativa può essere richiesta senza soluzione di continuità, e in questo caso non può avere una durata superiore a 12 mesi, o per periodi frazionati. In ogni caso il periodo di aspettativa non può superare, nell’arco temporale di un quinquennio, la durata massima di due anni e mezzo (30 mesi). Il quinquennio da prendere in considerazione è quello che verrà a scadere nell’ultimo giorno del nuovo periodo di aspettativa richiesto.

In conclusione, l’Avvocato risponde, la lettrice potrà dimettersi solo se il posto di ruolo è rimasto ancora vacante. In questo caso rientrerà nella propria sede di titolarità e potrà chiedere un periodo di aspettativa non retribuita per motivi personali, non essendo di ostacolo il fatto che ne ha già usufruito nell’a.s. 2014/15, essendo trascorso più di un quinquennio.