Nove arresti e 39 indagati, tra cui l’avv. calabrese Maria Savaria Modaffari, detta Mary. Questo l’esito dell’indagine su quella che potremmo definire ‘fabbrica’ di diplomi falsi, che ha fruttato quasi 10 milioni di euro come apprendiamo da LaC News24. I reati imputati ai soggetti coinvolti sono quelli di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso materiale, corruzione e autoriciclaggio. Questo ‘modus operandi’ non sarebbe comunque il primo caso ma l’ultimo, in ordine cronologico, di una lunga serie. Di seguito i dettagli.
Diplomi falsi, un giro d’affari di 10 milioni di euro
L’articolata indagine è stata condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari e dalla Compagnia di Trani, all’esito della quale sarebbe stata scoperta un’organizzazione volta al rilascio di titoli di studio e professionali falsi e/o comunque non aventi valore legale nel territorio nazionale, emessi da presunti enti universitari (che tali non erano), nonché da istituti scolastici di istruzione superiore paritari e scuole professionali dislocate in varie Regioni (Lazio, Lombardia, Calabria e Sicilia).
Ad affidarsi a queste società erano soprattutto aspiranti insegnanti, a cui è stato chiesto di pagare 8 mila euro per conseguire un titolo e poi avere così accesso ai concorsi pubblici. Tra questi anche molti insegnanti di sostegno.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, i principali indagati avrebbero creato un polo universitario con sede operativa a Trani che si sarebbe avvalso, a sua volta, di una rete composta da oltre 55 punti dislocati su tutto il territorio nazionale, utilizzata per reclutare i clienti. Inoltre sarebbero state costituite società di capitali all’estero (a Cipro, nel Regno Unito e anche in America Latina) solo in apparenza abilitate al rilascio di titoli di studio riconosciuti anche in Italia. Insomma un giro d’affari ben studiato, che evidentemente però ha insospettito la Guardia di Finanza del Comando provinciale di Bari e coordinata dalla Procura.
Come agiva il gruppo criminale
I vari corsi venivano pubblicizzati soprattutto tramite social e chat, ed erano tenuti online. Gli enti truffaldini rilasciavano certificati e attestazioni contraffatti, che spacciavano come accreditati dal Ministero. Non sono mancate anche corruzioni a danno di funzionari governativi albanesi per garantirsi l’attivazione e la favorevole conclusione del procedimento di accreditamento dell’istituto. I proventi illeciti sarebbero stati investiti in beni mobili, quali auto di lusso, e beni immobili.
L’indagine è arrivata all’esito descritto grazie alle testimonianze di una cinquantina di clienti truffati, a varie intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre anche alla collaborazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito, del Ministero dell’Università e della ricerca, nonchè dell’Università Sapienza di Roma e degli altri soggetti pubblici e/o privati richiamati nella documentazione ingannevolmente predisposta.