Ha fatto discutere la recente inchiesta pubblicata dalla testata Fanpage, che ha scoperchiato un ‘vaso di Pandora’ in realtà a tratti già noto. Si tratta del ‘mercificio‘ di titoli attraverso cui alcuni docenti comprano certificati da enti, dietro ingenti somme di denaro, scalando così le graduatorie. La giornalista dell’unità investigativa ‘Blackstair’ si è finta un’insegnante interessata a seguire dei corsi per poter ottenere un punteggio aggiuntivo nelle graduatorie delle supplenze, ed è riuscita ad entrare in gruppi di insegnanti ed enti da cui è emerso un ‘giro’ di certificati e attestati con tanto di tariffario, potendo arrivare a spendere in totale anche oltre 3 mila euro. Insomma, il messaggio che viene fatto passare sembra essere un metodo cristallizzato nella prassi con cui diventare insegnanti senza per forza studiare, basta solo pagare. Questa inchiesta ha scatenato un acceso dibattito su social, da cui molti precari, indignati dal ‘modus operandi’ in oggetto, hanno rimarcato come sia stata “sollevata solo la punta dell’iceberg“, mentre sarebbero anche tanti altri gli aspetti inquietanti del mondo scolastico.
Cosa non funziona nella scuola?
La recente inchiesta si è valsa il titolo di ‘Cattiva scuola’. L’oggetto attorno a cui ruota riguarda infatti la modalità illecita attraverso cui parte del personale scolastico acquisisce titoli per scalare le graduatorie. Ma come fanno notare molti precari sono tante le problematiche che affliggono il mondo scolastico, e quella del ‘mercificio’ rappresenta solo la minima parte di ciò che non funziona.
L’elenco arricchito dai precari è lungo, e contempla la mancata trasparenza dei concorsi PNRR 1 e 2 (con riguardo nello specifico agli idonei), il ritardo cronico dei pagamenti degli stipendi dei supplenti brevi, l’acquisizione di abilitazioni estere senza nemmeno conoscere la lingua del paese che li eroga, il criterio dei punteggi e dei titoli di riserva fuori da ogni logica e senza criteri meritocratici (pensiamo alla faccenda del servizio civile universale), lo scandalo dei CFU necessari per abilitarsi e infine i corsi INDIRE, una ‘scorciatoia’, a detta di molti, che rischia di saturare ulteriormente le graduatorie e abbassare la qualità della preparazione dei docenti specializzati.