Una legge di bilancio molto contestata quella che il Governo ha approvato in via definitiva. La dimostrazione del malcontento è stata segnata i mesi scorsi dai ripetuti presidi, scioperi e mobilitazioni. In particolare per il comparto scolastico viene lamentata una scarsa attenzione, preferendo puntare sui tagli anzichè su investimenti che possano dare impulso ad un settore già scarsamente valorizzato. Di questo parere il sindacato Flc CGIL.
Gli aspetti negativi della legge di bilancio 2025
Nel comunicato pubblicato alcune ore fa, prima dell’approvazione definitiva della legge di bilancio, Flc CGIL ha percorso i punti della legge di bilancio strettamente legati alla scuola, rimarcando ciò che non è stato fatto, o ciò che è stato fatto in negativo. “La legge di bilancio 2025 in corso di approvazione conferma il taglio agli stipendi del personale di scuola, università, ricerca e Afam. Per il Contratto istruzione e ricerca 2022-2024 – che è già in scadenza – non c’è nulla di nuovo, salvo un misero incremento dello 0,22% destinato al salario accessorio (circa 5 euro mensili!), che si aggiunge a quanto stanziato dalle precedenti finanziarie, per un aumento complessivo in termini percentuali del 6% (circa 140 euro medi mensili lordi).
Una cifra del tutto inadeguata poiché l’inflazione relativa al triennio contrattuale 2022-2024 è tre volte maggiore (quasi al 18%). Di fatto al personale di scuola, università, ricerca e Afam si impone una perdita retributiva pari a 2/3 circa dell’inflazione, impoverendo così ulteriormente una categoria già in forte sofferenza economica e, non a caso, tra le meno pagate in Europa.”
Critica poi la sigla sindacale in merito al taglio del cuneo fiscale e alla sua incidenza sugli stipendi: “Va smentita la falsità per la quale ciò che si perde sui salari con l’inflazione sarebbe comunque recuperato grazie al taglio del cuneo fiscale, ciò per 3 evidenti ragioni:
- anche sommando gli effetti della riduzione del cuneo fiscale e gli incrementi previsti in legge di bilancio comunque gli stipendi risultano largamente penalizzati dall’inflazione;
- non si tratta di una novità dell’esecutivo Meloni ma della mera conferma di una misura già in vigore perché introdotta da precedenti governi come taglio del cuneo contributivo;
- è una misura fiscale che riguarda tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e questi ultimi non rinunciano certo a rinnovi contrattuali che garantiscano il pieno recupero dell’inflazione a prescindere dagli effetti della riduzione del cuneo come invece viene chiesto ai lavoratori della conoscenza.“
Tagli non solo sugli stipendi ma anche sul personale
Ciò che viene lamentata è poi una politica di ‘tagli’ posta in essere sul comparto scolastico tramite la Manovra Finanziaria, fondata non solo sul mancato adeguamento degli stipendi ma anche su una riduzione della dotazione organica. Per quanto riguarda infatti i docenti “tra nuove assunzioni di docenti (1.866) e tagli (5.660) il saldo è decisamente negativo: 3.794 posti in meno nel 2025“. E la situazione non è migliore per quanto riguarda il personale ATA. I tagli sono rimandati al 2026 ma restano confermati, e si attestano sulle oltre 2.200 unità in meno. Infine per università, ricerca e Afam si sposta al 2026 la riduzione del turn over del 25%.
Flc CGIL aggiunge: “A parte lo stanziamento di 9 milioni di euro (scelta delle opposizioni e non del Governo) finalizzato alla stabilizzazione dei ricercatori del CNR, grazie alla mobilitazione del personale, la cifra politica della manovra su questi settori è un forte definanziamento di università e ricerca pubbliche che mette rischio la tenuta complessiva del sistema nazionale dell’alta formazione, oltre che scaricare su studenti e precari il costo di questa scelta.
Il taglio agli stipendi di docenti, ricercatori, personale tecnico, amministrativo, ausiliario in virtù del mancato finanziamento per adeguare gli stipendi al tasso di inflazione, i tagli agli organici e le riduzioni di risorse per università ricerca e Afam consentono alle finanze pubbliche di risparmiare ben oltre 5 miliardi di euro, un significativo bottino di cui ha potuto disporre il Governo per interventi in legge di bilancio come l’aumento delle spese militari o come i contributi a favore delle scuole paritarie private e le altre “mancette” distribuite a lobby e consorterie.
È evidente che per questo Governo ben altre sono le priorità, non certo la scuola statale, l’università, la ricerca o l’alta formazione artistica e musicale.“
Il sindacato, a fronte di tutte le suindicate criticità, anticipa la sua intenzione di voler esprimere dissenso proseguendo nel 2025 con mobilitazioni e manifestazioni.