Un caso legale riguardante il licenziamento disciplinare di un dipendente ATA (personale amministrativo, tecnico e ausiliario) si è risolto favorevolmente per la parte interessata presso il Tribunale del Lavoro di Milano. Il dipendente lo aveva subito a causa di presunte falsificazioni di documenti, ma il Tribunale ha ritenuto il licenziamento illegittimo, sottolineando che la non verificabilità del titolo non equivale alla falsità. Vediamo la difesa degli avvocati Esposito e Santonicola, e la sentenza che ha ribaltato la decisione.

Una rettifica e un licenziamento disciplinare contestato

Nel triennio 2018/2021, la dipendente aveva presentato domanda per entrare nelle graduatorie ATA, dichiarando di possedere:

  • Un diploma di maturità per i profili di Assistente Amministrativo (AA) e Assistente Tecnico (AT).
  • Un diploma di qualifica alberghiera per il profilo di Collaboratore Scolastico (CS).
  • Esperienza professionale maturata presso un istituto paritario dal 2014 al 2017.

Nel 2018, il Dirigente Scolastico dell’Istituto di Milano aveva rettificato il punteggio della dipendente, escludendo il servizio presso l’istituto paritario a causa della “mancata verifica INPS”. Tuttavia, il Tribunale di Milano annullò tale rettifica, ripristinando il punteggio originario e ordinando il risarcimento dei danni. Nel 2023, tuttavia, la dipendente si trovò coinvolta in due procedimenti disciplinari attivati dall’Ufficio Scolastico Regionale (USR) Lombardia:

  1. Sospensione di 3 mesi per presunta falsità sul servizio prestato presso l’istituto paritario (marzo 2024).
  2. Licenziamento senza preavviso per presunta falsità sul possesso del diploma di qualifica alberghiera (giugno 2024).

L’amministrazione scolastica accusava la dipendente di presentare documenti falsificati, ma non forniva prove concrete a sostegno di queste accuse.

Contestazione e principi fondamentali

Gli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola hanno impugnato il licenziamento, sollevando vari punti. In particolare, hanno contestato la violazione del principio del “ne bis in idem”, che vieta di sanzionare due volte per la stessa condotta. L’amministrazione scolastica avrebbe infatti già preso una decisione riguardante la presunta falsità dei titoli, e pertanto un’ulteriore sanzione sarebbe stata ingiustificata.

La difesa ha inoltre sottolineato come l’assenza di documenti negli archivi non possa essere considerata come una prova di falsità. La non verificabilità dei titoli, infatti, può essere causata da lacune archivistiche o dalla chiusura dell’istituto scolastico che li custodiva, e non necessariamente da una condotta fraudolenta. Infine, gli avvocati hanno argomentato che, anche nel caso in cui si fosse verificata una qualche irregolarità, il licenziamento fosse eccessivo rispetto alla gravità della situazione, poiché la dipendente possedeva comunque titoli validi per il ruolo ricoperto.

La sentenza: licenziamento annullato

Il Tribunale del Lavoro di Milano, presieduto dalla dott.ssa Eleonora Maria Velia Porcelli, ha accolto il ricorso della dipendente, dichiarando illegittimo il licenziamento. La sentenza ha sottolineato alcuni principi:

  • Onere della prova: L’amministrazione non ha fornito prove sufficienti per dimostrare la falsità dei documenti presentati dalla dipendente. Il Tribunale ha ribadito che, in assenza di prove concrete, la non verificabilità del titolo non può essere interpretata come falsità.
  • Non verificabilità ≠ falsità: La sentenza ha chiarito che l’impossibilità di verificare il titolo, dovuta a circostanze non imputabili alla dipendente, non può essere equiparata a una dichiarazione mendace o a una produzione di documenti falsi. Questo punto è cruciale per comprendere la distinzione tra mancanze burocratiche e intenzioni fraudolente.
  • Possibilità di rettifica: In assenza di prove di falsità, la non verificabilità di un titolo può solo portare a una rettifica del punteggio o all’esclusione dalla graduatoria, non a un licenziamento.

Questo caso evidenzia l’importanza di un’accurata documentazione e verifica dei titoli, nonché la necessità di un approccio equilibrato da parte delle istituzioni nel gestire le sanzioni disciplinari