Pensioni
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L’Inps ha annunciato che entro 10 anni il suo bilancio andrà in passivo, slittando da 23 miliardi nel 2024 a -45 miliardi di euro nel 2032, mettendo dunque a rischio le pensioni degli italiani. Tale fenomeno sarebbe essenzialmente riconducibile a due fattori: l’invecchiamento della popolazione da un lato e il calo demografico dall’altro.

Pensioni a rischio, l’Inps lancia l’allarme: i dati

Stando a quanto emerso nella relazione di Roberto Ghiselli, presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ), l’Inps si troverebbe in una situazione alquanto allarmante. Nel giro di 10 anni il bilancio dell’Ente scenderà di 22 miliardi, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032, con dei risultati di esercizio negativi che peggiorano nel decennio da -3 miliardi a -20 miliardi. Secondo Ghiselli il problema sarebbe da ricondurre ad una “combinazione di due tendenze, l’aumento della longevità e la bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età”. Nemmeno il saldo positivo dei flussi migratori sarebbe di fatto sufficiente a bilanciare il saldo negativo della dinamica naturale. 

“Il tendenziale calo demografico già ora determina uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro, con una contrazione tendenzialmente crescente della popolazione attiva”. A preoccupare sarebbe dunque l’incremento del numero di pensionati rispetto a quello dei lavoratori attivi. Un trend strettamente legato sia alla denatalità sia all’aumento delle aspettative di vita.

Gli effetti sulle pensioni

L’incertezza complessiva riguarderebbe in particolare l’adeguatezza delle future prestazioni pensionistiche, legata più alle condizioni lavorative e reddituali maturate nel corso della carriera lavorativa che al sistema di calcolo pensionistico. “Il rischio di una diffusa inadeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici potrà dipendere dalla discontinuità nel lavoro e quindi nella contribuzione, dai bassi livelli di reddito, dall’irregolarità nei rapporti di lavoro”. Conclude Ghiselli all’interno della sua relazione.