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Pensionati

Nell’ambito del dibattito sulla Riforma pensioni, il Governo starebbe valutando la nuova ipotesi di alzare la soglia dell’età pensionabile per gli statali di due anni già a partire dal 2025. Vediamo quindi che cosa cambierebbe e quando sarebbe possibile per questa categoria lasciare il mondo del lavoro.

Pensioni statali: qual è la situazione attuale

Con l’avvicinarsi sempre di più della nuova manovra finanziaria, il Governo ha avanzato una nuova ipotesi nell’ambito delle pensioni. In particolare, starebbe valutando la possibilità di aumentare di due anni la soglia dell’età pensionabile dei lavoratori statali. Attualmente la normativa impone ai dipendenti pubblici di ritirarsi obbligatoriamente dal lavoro a 65 di età anni nel caso in cui abbiano maturato 42 anni e 10 mesi di contributi. Oppure, in assenza di questo requisito, di andare in pensione a 67 anni.

Ricordiamo che tale misura è stata introdotta nel 2013 per favorire il ricambio generazionale. La situazione attuale del pubblico impiego, caratterizzata da una significativa carenza di personale, renderebbe però necessaria una revisione.

L’ipotesi di aumento dell’età pensionabile

Per cercare di abbassare le spese previdenziali dal 2025 per i dipendenti della Pubblica Amministrazione e colmare i vuoti di organico all’interno del settore, il Governo starebbe valutando l’ipotesi di innalzare l’età pensionabile di 2 anni. In questo modo, i dipendenti pubblici non lascerebbero più obbligatoriamente il lavoro a 65 anni, bensì a 67. La misura, su base volontaria, non andrebbe di fatto a modificare l’impianto del meccanismo, ma darebbe la possibilità a chi lo desidera di rimanere di più a lavoro, evitando l’uscita forzata.

Questa proposta di flessibilità in uscita è già stata adottata per altre categorie di lavoratori come ad esempio i medici e dall’anno prossimo potrebbe essere estesa a tutta la Pubblica Amministrazione. Come abbiamo anticipato, l’obiettivo sarebbe duplice. Da un lato si contrasterebbe la carenza di personale nell’impiego pubblico mantenendo a lavoro i dipendenti PA più esperti. Dall’altro si andrebbero a recuperare risorse economiche preziose abbassando la spesa previdenziale.