La valutazione degli studenti è uno dei compiti fondamentali dell’attività dei docenti. Questa è articolata generalmente in tre momenti chiave: la valutazione iniziale (o diagnostica), quella formativa (intermedia) e quella sommativa (finale). Quest’ultima è quella che viene generalmente sintetizzata nei documenti periodici, quali i trimestri e i quadrimestri, fino ovviamente a quella conclusiva assegnata al termine dell’anno scolastico. Sebbene, dunque, lo spettro delle fonti valutative si sia notevolmente ampliato rispetto agli anni precedenti, un ruolo determinante è ancora oggi assegnato alle verifiche. Scritte, orali, pratiche, grafiche, miste: a prescindere dalla tipologia, il docente è tenuto a valutare lo studente. Ma quante volte deve procedere alla valutazione? In sostanza, quante verifiche è tenuto a somministrare durante l’intero anno scolastico?
Chi stabilisce i criteri di valutazione?
Come sancito dall’art. 2 dell’O.M. n. 134/2000, è il Collegio dei Docenti l’organo deputato ad individuare modalità e criteri di valutazione degli studenti. Inoltre, l’art. 1 c. 5 del DPR n. 122/2009 prevede che “Il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento. Detti criteri e modalità fanno parte integrante del piano triennale dell’offerta formativa (PTOF)”.
Dunque, prima di sapere se esiste e qual è il numero minimo di verifiche da proporre, è importante mettere a fuoco che è il Collegio a stabilire criteri comuni di valutazione, da recepire ed attuare dai singoli dipartimenti disciplinari. Il Dirigente Scolastico non ha dunque potere decisionale in tal senso. Ovviamente, può proporre un numero di verifiche minimo, ma deve essere sempre approvato dall’organo collegiale in questione. Può comunque lavorare di concerto con i dipartimenti, proporre delle commissioni apposite, favorire discussioni e organizzare corsi di aggiornamento e formazione specifici sulla valutazione.
La normativa non prevede un numero minimo di verifiche
Ma veniamo alla domanda principale. Esiste un numero minimo di verifiche sotto il quale un docente non può mai andare? A questo quesito la normativa non offre una precisa risposta. Come previsto dall’art. 1 c. 4 del DPR n.122/2009 succitato, si parla di coerenza “con gli obiettivi di apprendimento previsti dal piano dell’offerta formativa”. Sostanzialmente, un docente deve rifarsi al PTOF, ma di base non ha vincoli stretti sul numero di verifiche da tenere in classe.
Vanno però precisati alcuni aspetti. In primis, la Circolare ministeriale n. 89/2012 prevede che “il voto deve essere espressione di sintesi valutativa e pertanto deve fondarsi su una pluralità di prove di verifica riconducibili a diverse tipologie, coerenti con le strategie metodologico-didattiche adottate dai docenti”. Dunque, pur non esplicitando il numero, esclude la possibilità di poter valutare lo studente (sia nel trimestre/quadrimestre che al termine dell’anno scolastico) somministrando una sola prova. Deve esserci un numero congruo tale da garantirne la corretta valutazione.
Il ruolo dei Dipartimenti disciplinari
A risolvere la questione, potrebbero essere alcune articolazioni del Collegio docenti come i Dipartimenti disciplinari. Questi, infatti, possono prevedere, nel rispetto della normativa nazionale e delle misure comuni stabilite dal Collegio, la qualità e la quantità delle verifiche da somministrare. In tal modo, pur garantendo la libertà di insegnamento, si può contemporaneamente garantire omogeneità e fissare dei livelli che possono agevolare l’insegnante nella pianificazione e fornire agli studenti un numero adeguato di verifiche per la loro corretta valutazione.