Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato) ha pubblicato una circolare con oggetto: ‘Disposizioni in materia di riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni – Pagamenti di natura non commerciale e utilizzo della facoltà prevista dall’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002′.
Circolare Ragioneria dello Stato (MEF) per la riduzione dei tempi di pagamento delle Pubbliche Amministrazioni
La direttiva 2011/7/UE sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 231 del 2002 (modificato dal decreto legislativo n. 192 del 2012), stabilisce che, in generale, le fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni devono essere pagate entro 30 giorni dalla data di ricevimento. Tuttavia, questo termine può essere esteso a 60 giorni per il settore sanitario o altri settori, in base alla natura del contratto.
La direttiva prevede che gli Stati membri possano prorogare i termini fino a un massimo di 60 giorni per: a) amministrazioni pubbliche che svolgono attività economiche offrendo beni o servizi sul mercato e che sono soggette ai requisiti di trasparenza; b) enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria riconosciuti a tale scopo. Inoltre, gli Stati membri devono garantire che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi i 60 giorni di calendario, a meno che non sia espressamente concordato e giustificato dalla natura del contratto. Anche nella normativa italiana, i termini di pagamento non possono superare i 60 giorni, a meno che non sia esplicitamente concordato e giustificato per iscritto.
La circolare, inoltre, tratta della necessità per le pubbliche amministrazioni di rispettare i tempi di pagamento previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2002 per raggiungere gli obiettivi della M1C1-Riforma 1.11 del PNRR. Le fatture devono essere pagate entro 30 giorni (o 60 giorni in casi specifici) e non devono avere ritardi di pagamento. Sono state rilevate irregolarità nel 2023, con termini di pagamento errati superiori a quelli consentiti. Per il 2024, le amministrazioni devono assicurarsi che le fatture rispettino i termini di pagamento stabiliti dalla normativa. Se la scadenza indicata supera i 30 giorni senza giustificazione, deve essere corretta. Inoltre, i termini di pagamento non possono mai superare i 60 giorni. Le date di scadenza devono essere calcolate in giorni di calendario, senza esclusione di festivi o giorni non lavorativi.
La circolare sottolinea che le scadenze non possono essere utilizzate per compensare le fasi di sospensione delle fatture, che devono essere correttamente registrate. Le amministrazioni pubbliche devono individuare le motivazioni per la sospensione, tra cui contenzioso, contestazione, adempimenti normativi e verifica di conformità. La sospensione per contenzioso o contestazione esclude tali periodi dal calcolo dei tempi di pagamento, ma deve basarsi su contestazioni specifiche. La verifica di conformità non può durare più di 30 giorni, a meno che non sia concordato diversamente e non sia iniquo per il creditore.
Le cause di sospensione legittime non includono ritardi dovuti a motivazioni interne delle procedure amministrative. La Commissione europea può verificare i dati sui tempi di pagamento tramite un database. Il rifiuto delle fatture elettroniche è regolato da specifiche motivazioni stabilite dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 2020. Le amministrazioni devono motivare l’esito del rifiuto riportando una delle cinque motivazioni previste. Infine, è in corso un’analisi per migliorare le procedure di controllo e per escludere scadenze superiori a 60 giorni.
La circolare, inoltre, evidenzia la necessità di controlli adeguati per garantire che l’uso dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002 (recepimento della Direttiva n. 2011/7/UE) avvenga entro i limiti di legge. Gli organi di controllo devono verificare la corretta applicazione delle disposizioni, in particolare:
- Le scadenze di fatture superiori a 60 giorni non sono ammissibili.
- Il calcolo della scadenza deve basarsi sui giorni di calendario effettivi, senza esclusione di giorni festivi.
- Scadenze superiori a 30 giorni (e comunque non superiori a 60 giorni) sono consentite solo con i requisiti previsti e documentati.
- Anche se l’impresa indica una scadenza superiore a 30 giorni, l’Amministrazione deve ricondurla a 30 giorni in assenza dei presupposti di legge.