Ancora non sappiamo che cosa accadrà sul fronte pensionistico a partire dal prossimo anno, tuttavia il Governo starebbe lavorando ad una nuova ipotesi di uscita flessibile senza il sistema delle Quote. In particolare, il gruppo di esperti del Cnel (il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) starebbero teorizzando un possibile ritorno allo schema della legge Dini.
Riforma pensioni 2025: spunta l’ipotesi dell’uscita flessibile senza Quote
I tempi per decidere del futuro del sistema previdenziale italiano si fanno sempre più stretti. Tra pochi mesi infatti il Parlamento riceverà il nuovo disegno di Legge di Bilancio per il 2025. Contenente anche le indicazioni per la prossima Riforma delle pensioni. A fine anno, ricordiamolo, scadrà ufficialmente Quota 103. Se da un lato la Lega vorrebbe rimpiazzarla con Quota 41 senza limiti anagrafici in cambio dell’assegno contributivo, dall’altro il Cnel, guidato da Renato Brunetta, starebbe lavorando ad un’altra proposta. L’ipotesi sarebbe quella di recuperare il modello della Legge Dini con una flessibilità in uscita dai 64 ai 72 anni. Senza più quindi ricorrere al sistema delle Quote.
Come funzionerebbe il meccanismo
In questo schema la soglia per la pensione di vecchiaia salirebbe a 67 anni con almeno 25 anni di contributi o un importo di pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale invece degli attuali 67 anni di età più 20 di contributi versati. Per quanto riguarda l’assegno, l’importo aumenterebbe andando in pensione più tardi. Il ventaglio delle 9 età (poco più della metà delle attuali 16) verrebbe traslato nei nuovi coefficienti di trasformazione.
Di fatto, questo meccanismo andrebbe a risolvere un nodo cruciale nell’ambito delle pensioni anticipate. Come si legge nel documento prodotto da Antonietta Mundo, membro del gruppo di lavoro, “le pensioni anticipate sono quelle che presentano le durate più lunghe e gli importi medi più alti rispetto a tutte le altre categorie, anche per effetto dell’aumento progressivo della longevità per entrambi i generi”. Tale durata verrebbe sensibilmente ridotta proprio “con l’adozione dello schema flessibile d’uscita dai 64 ai 72 anni“.