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classe vuota

Nonostante gran parte dell’opinione comune pensi che lavorare a scuola non sia faticoso ma anzi uno dei lavori più leggeri, considerato il monte orario settimanale previsto, in realtà insegnare diventa sempre più difficile e stressante: rapporti spesso complicati con le famiglie, alunni ‘complessi’ che richiedono competenze che trasbordano nell’ambito sociopsicologico, attività funzionali all’insegnamento sempre più burocratizzate, scarsa considerazione sociale del lavoro svolto, lunghi anni di precariato e distanza chilometriche tra casa e scuola creano in molti casi stress, demotivazione e stanchezza. Di seguito il punto della questione. 

Alcuni dati sullo stress del lavoro a scuola 

Da un recente studio condotto in Lombardia su quasi 6.000 insegnanti di scuole di I e II secondo grado, si è evinto che circa la metà del campione ha evidenziato un livello critico di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e scarsa realizzazione personale, con un preoccupante 4,6% a forte rischio di burnout. Da uno degli ultimi studi in merito della Commissione Europea è emerso che quasi il 50% degli insegnanti della secondaria di II grado lamenta fori livelli di stress: l’Italia, pur posizionandosi sotto la media UE (46,2%), ha fatto registrare il 28,9% dei docenti che riferiscono un livello di stress “abbastanza” elevato e un ulteriore 9% “molto alto”. 4 insegnanti italiani su 10, quindi avvertono a vari livelli un disagio psicologico determinato dalla professione.

Occorrono misure legislative per combattere stress

“Questi numeri confermano quello che il nostro sindacato sostiene da anni – ha dichiarato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – ovvero che bisogna introdurre con urgenza interventi legislativi a favore degli insegnanti sempre più sottoposti a patologie mentali e fisiche derivanti da stress e burnout, a partire dall’anticipo pensionistico per i dipendenti della scuola alle stesse condizioni dei lavoratori delle forze armate che lasciano il lavoro in media attorno ai 60-62 anni senza un euro di decurtazione sull’assegno di pensione. Rendere pubblici i dati sul burnout, riconoscendone l’incisività nella scuola e combattere gli effetti di una professione iper-stressante permetterebbe sia di ridurre i costi sociali che il gap anagrafico sempre maggiore tra docenti e discenti”.

“Mezzo milione di insegnanti avanti negli anni – ha commentato ancora Pacifico – è una zavorra non indifferente. A questo record negativo si aggiunge quello dalla supplentite: una cattedra su quattro va oggi ai supplenti, mentre nel 2015-16 il numero dei docenti precari si attestava 13,8%. In queste condizioni è assai difficile pensare di realizzare un salto di qualità del nostro sistema scolastico”, conclude il leader Anief.