Si ritorna a parlare della questione della settimana corta, modello di organizzazione oraria che si adotta già da tempo in molte scuole. Se in alcuni contesti sociali è molto richiesta e ben collaudata, in altri non è ben vista dalle famiglie e spesso dagli stessi studenti. Si può parlare di modello giusto o sbagliato? Piergiuseppe Ellerani, ordinario di didattica a Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, ha espresso la sua opinione in un’intervista all’edizione regionale di La Repubblica.

La settimana corta può rappresentare un’opportunità

“È un tema complesso, non ha senso dire se la settimana corta è giusta o sbagliata, va contestualizzato, l’importante è che non si riduca tutto alla moda del weekend libero”. Per il professore Ellerani può rappresentare un’opportunità, ma solo se “si coinvolga tutta la comunità scolastica e non ci si limiti a prendere il monte ore spalmando su cinque giorni quello che prima era su sei. Sei ore di lezione frontale sono tante, troppe, in prima media come all’ultimo anno di liceo. Il passaggio dalla primaria alle medie può essere impegnativo se un bambino passa dai tempi più distesi delle elementari alle sei ore sul banco solo per avere il weekend libero. Così le lezioni diventano un incubo”.

Come procedere?

Ma Ellerani ha indicato anche il modo con cui procedere per ottenere risultati positivi introducendo la settimana corta: “Si mette al centro l’apprendimento. Che per come è stato inteso fino a qui funziona meglio se spalmato su più giorni, sabato compreso. Ma dal momento che la didattica tradizionale mostra i suoi limiti può essere l’occasione per introdurre in classe altre metodologie in modo che le sei ore non siano troppo pesanti. Dall’utilizzo delle nuove tecnologie alle esperienze fuori dalle aule, fondamentali per sviluppare competenze e far emergere talenti. Il sabato si può stare a casa o magari decidere che quel giorno non si va in classe ma si condivide un’esperienza formativa all’esterno proposta dalla scuola. Anche facoltativa. Il tema è come quel tempo lo si utilizza”. Infine, ha concluso sottolineando la necessità della collaborazione attiva tra scuola e genitori: “Serve un nuovo patto tra scuole e famiglie, una scuola di cittadinanza. Dove tutti sono chiamati in causa. Anche il sabato, in classe o a casa”.