Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, dietro richiesta dell’Ufficio di Gabinetto del Ministro per le disabilità, ha trasmesso la nota prot. 1921 del 24 ottobre 2024, in merito alla nuova terminologia in materia di disabilità e sostegno a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 62 del 2024. Cambiano pertanto i termini da utilizzare anche in ambito scolastico, ma i problemi restano: a sottolinearlo in un’intervista a Il Giorno è Paolo Zampiceni presidente di Autismando.
Le riflessioni di Zampiceni sul cambio di terminologia in materia di sostegno
Zampiceni, anche se riconosce l’importanza di usare termini appropriati e rispettosi, ha sottolineato come la vera sfida consista nella concretezza delle azioni. “Va benissimo, – ha affermato – la linguistica insegna che qualsiasi oggetto acquista determinati significati rispetto a quello che viene denominato”.
Ma nello stesso tempo ha incalzato: ”Continueranno a mancare gli insegnanti di sostegno, proseguirà il mercato delle ore di insegnante o di assistente per l’autonomia, continueranno ad essere presenti figure dalla dubbia qualifica, continueranno le richieste di tenere i nostri figli a casa o non farli partecipare a uscite o gite scolastiche perché manca l’insegnante o l’assistente o entrambi, ma i nostri figli, per la scuola, saranno “persone con disabilità” o “persone con necessità di sostegno intensivo”. Non ne siete felici?”, la domanda (retorica) rivolta agli altri genitori.
Zampiceni ha individuato le vere priorità: la formazione adeguata dei docenti di sostegno, l’accesso rapido ai trattamenti, l’abbattimento delle barriere architettoniche e cognitive.
La vera inclusione si raggiunge con i fatti
La critica, pertanto, è sul divario tra la normativa, considerata tra le più avanzate in Europa, e il suo riscontro pratico. Il presidente di Autismando, infatti, ha spiegato che molte sono le famiglie costrette alle lunghe attese nei centri medici per trattamenti, alunni senza docenti di sostegno specializzati, assistenti all’autonomia che mancano:“Possibile che il sistema pubblico non si sia posto il problema di mettere correttivi?”, si è chiesto.
L’adozione di un linguaggio adatto è importante, ma solo traducendo le parole in azioni concrete si raggiunge la vera inclusione e si garantiscono a tutti gli studenti pari opportunità. “Bene che mio figlio non sia più “handicappato”, […] ma come si sostanzia tutto questo?”, ha concluso Zampiceni.