Insegnanti di sostegno
Insegnanti di sostegno

Percorsi straordinari di specializzazione e TFA sostegno, continua la polemica riguardante i nuovi corsi di specializzazione sostegno, organizzati da INDIRE e voluti fortemente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. I docenti specializzati su sostegno hanno più volte rimarcato le evidenti differenze tra i nuovi percorsi voluti dal ministro Valditara e i cicli TFA, più impegnativi sotto diversi punti di vista. Ma non mancano altre riflessioni rivolte, in particolar modo, alla qualità dell’insegnamento.

Percorsi straordinari INDIRE, TFA sostegno e qualità dell’insegnamento (LETTERA)

In merito al dibattito scatenatosi sui social e sui media riguardante la questione della specializzazione su sostegno, pubblichiamo una lettera giunta in redazione: la lettera fa riferimento anche alle recenti dichiarazioni rilasciate dal professor Dario Ianes che ha parlato di ‘tre schiaffi’ rivolti a INDIRE, alle famiglie e alle Università.

“Nel dibattito che sta animando il mondo scolastico, in particolare tra i docenti specializzati attraverso il TFA ordinario e i nuovi corsi brevi proposti da INDIRE – scrive il nostro lettore – emerge una riflessione che non può passare inosservata. Da una parte, c’è chi accoglie con ottimismo i percorsi di formazione più snelli e digitalizzati; dall’altra, chi teme che questi possano compromettere la qualità del sostegno e dell’inclusione, soprattutto per gli studenti con disabilità. Il professor Dario Ianes, in particolare, ha parlato di ‘tre schiaffi’ – uno a INDIRE, uno alle famiglie e uno alle università pubbliche – per criticare l’impoverimento dei percorsi formativi. Ma ora, come molti docenti della scuola superiore, credo che ci sia spazio per un quarto schiaffo, indirizzato proprio a lui. Un schiaffo metaforico, naturalmente – ha precisato il lettore – uno schiaffo che riguarda la realtà quotidiana delle scuole italiane, dove, troppo spesso, la teoria si scontra con una pratica che lascia a desiderare.

Lavoro in un istituto superiore del nord Italia, una macroregione caratterizzata da un elevato turnover degli insegnanti, fenomeno che ormai non può più considerarsi un caso isolato. Questa continua rotazione del personale docente, spesso causata da contratti precari o da un sistema che non riesce a trattenere gli insegnanti, ha contribuito a farmi avere un’idea abbastanza chiara di come funziona oggi il sostegno in Italia. Nelle ultime settimane, ho avuto modo di leggere numerosi articoli e testimonianze di docenti che, avendo completato il TFA ordinario, esprimono forti perplessità sui nuovi corsi brevi di INDIRE. Questi ultimi, a loro avviso, non sono in grado di garantire lo stesso livello di preparazione, soprattutto per quanto riguarda la didattica inclusiva.

Il professor Ianes ha lanciato un grido d’allarme: con percorsi di formazione troppo brevi e spesso online, la qualità del sostegno rischia di ridursi drasticamente. Da parte mia, tuttavia, la critica non riguarda solo la qualità della formazione iniziale, ma soprattutto quello che accade nelle aule, ogni giorno. Ho osservato troppe volte docenti di sostegno che, dopo aver superato prove e corsi, non si rendono conto della responsabilità che ricade su di loro. Molti si trovano lontani dalla classe, impegnati in conversazioni informali alle macchinette del caffè o, peggio ancora, intenti a navigare su Amazon, cercare stanze in affitto o intenti a cercare posti dove fare la gita fuori porta nel weekend anziché concentrarsi sui loro alunni. In classe, poi, la scena si ripete: il docente di sostegno non è un supporto attivo, ma un mero spettatore, con il tablet o il cellulare in mano, distraendosi con attività personali.

Altro aspetto che merita attenzione e che più di una volta mi ha lasciato perplesso è la compresenza dei docenti di sostegno. Quando due docenti sono in aula, si dovrebbe aspettarsi che lavorino insieme per progettare attività, condividere strategie didattiche e redigere il Piano Educativo Individualizzato (PEI). Invece, troppo spesso accade che i due insegnanti trascorrano il tempo a chiacchierare delle loro vite private, ignorando completamente gli studenti e le loro esigenze. La situazione è talmente grave che svariate volte mi sono trovato costretto a riprendere non tanto i ragazzi ma appunto i due docenti di sostegno.

Ecco, quindi, il motivo per cui ritengo che ci sia spazio per un «quarto schiaffo», questa volta diretto al professor Ianes. Non basta concentrarsi solo sulla formazione iniziale dei docenti: il vero problema sta nella pratica quotidiana. Se la scuola non è in grado di formare, motivare e monitorare costantemente i propri insegnanti, se il sistema non prevede un controllo rigoroso della qualità del sostegno, il rischio è che le buone intenzioni rimangano solo sulla carta. È questa la vera sfida per una scuola inclusiva. In conclusione breve e lapidario 30 CFU a questo punto sono più che sufficienti’.