Il precariato scolastico è sempre più al centro del dibattito. E nell’ultimo mese è stato anche uno dei principali motivi di protesta che ha caratterizzato gli scioperi che si sono susseguiti. Dal Ministero non sembrano però arrivare soluzioni efficaci. Siamo di fronte ad una ‘piaga’ frutto di una gestione frammentaria e, probabilmente, sbagliata che si è protratta negli anni. Ora, di fronte anche al ‘diktat’ da Bruxelles, l’Italia sarebbe costretta a intervenire concretamente per sanare il problema. Perchè però non lo fa? Intanto sono oltre mezzo milione i precari del comparto scolastico che attendono di essere stabilizzati.

Precari: diritto all’assunzione è ‘incomprimibile’

Quella dei concorsi sembrava essere la strada risolutiva del precariato. Su più fronti invece si parla di ‘flop‘. Nel mentre l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia Europea per abuso reiterato di contratti a termine in violazione della Direttiva europea 70/1999. E, di risposta, l’unico correttivo apportato dal governo è stato quello della previsione di un risarcimento, a favore dei precari, che va dalle 4 alle 24 mensilità. Indennità, questa, che comunque non sarà corrisposta in via automatica ma tramite ricorso proposto dai diretti interessati.

Guerino Massimo Oscar Fares, professore ordinario di Diritto scolastico all’Università di Roma Tre, è intervenuto sul tema a Sky Tg24, dichiarando che sono oltre mezzo milione i precari del comparto scolastico in attesa di stabilizzazione. Del resto, la stessa citata direttiva prevede l’assunzione di tutti i precari che abbiano maturato almeno 36 mesi di servizio, senza specificare il mezzo attraverso cui attuare questa previsione. Andrebbero quindi utilizzate non solo le graduatorie concorsuali ma ogni altra graduatoria esistente, per snellire l’esercito di precari che attanaglia la scuola.

Fares ha lasciato intendere che, dietro a questa inerzia da parte del nostro Stato, ci sarebbe un problema economico: costerebbe troppo assumere tutti i precari. Al tempo stesso però il professore, pur riconoscendo la complessità del nostro sistema, ha sottolineato come il diritto all’assunzione debba essere considerato ‘incomprimibile‘, e non possa essere soggetto a pretesti finanziari.