È stato pubblicato anche quest’anno il rapporto SVIMEZ. Secondo i dati forniti dall’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, nell’anno scolastico 2022/23 (aggiornamento più recente) si contano circa 709.000 docenti. Il numero si riferisce complessivamente a tutti i cicli di istruzione, esclusa ovviamente quella terziaria. Di questi, circa 407mila sono impegnati al Centro-Nord, contro i 302mila del Mezzogiorno. L’analisi conferma alcune delle grandi problematiche del mondo scolastico, dagli stipendi bassi alla poca appetibilità della professione per le fasce più giovani. Vediamo più nel dettaglio cosa è emerso dallo studio.
Spesa pubblica in istruzione sotto la media europea
In prima battuta, l’Italia si posiziona all’ultimo posto tra le grandi economie europee per spesa pubblica nel settore dell’istruzione. Secondo le stime OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), la spesa in istruzione rappresenta il 6,7% della spesa pubblica totale nazionale. Una percentuale nettamente più bassa sia rispetto alla media europea (9%) che a quella dei Paesi OCSE (10%). Particolarmente significativo è il differenziale per le scuole secondarie di I grado. Nel nostro Paese viene investito l’1,1% del totale, contro il 2% della media europea. A livello complessivo, la spesa per l’istruzione è di 50,5 miliardi di euro.
Allarme demografico confermato dal rapporto SVIMEZ
Prosegue la tendenza alla riduzione del numero di iscritti nelle scuole, con un ritmo ben più marcato nelle aree del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord. Ciò rispecchia il calo demografico del Paese. In soli 5 anni, dal 2017/18 al 2022/23, il numero di alunni si è ridotto del 4% nel Centro-Nord, passando da 4.650.000 a 4.463.000 studenti. Nel Mezzogiorno, la riduzione ha toccato addirittura il 9%, passando dai quasi 3 milioni di cinque anni fa ai 2.670.000 attuali. Dunque, nel complesso, si è passati da 7 milioni e mezzo di alunni a poco più di 7 milioni.
Secondo le previsioni, la situazione è destinata a peggiorare nel prossimo decennio. Nel 2035, si stima una forte contrazione degli studenti di scuola primaria e secondaria di I grado. Picchi in Umbria, Lazio e soprattutto Sardegna, con una riduzione che dovrebbe sforare addirittura il 33%. Il rischio maggiore è soprattutto per i piccoli Comuni: sono 3mila quelli interessati. In questi, il numero di alunni di scuola primaria è inferiore a 125, tale da poter creare solamente una “piccola scuola”. Come suggerisce il rapporto SVIMEZ, vi è la necessità di assicurare la presenza, in tutte le aree del Paese, di un presidio culturale primario che, oltre a sviluppare le opportunità formative di bambini e giovani, consenta di arginare i processi di spopolamento e invecchiamento.
Capitolo stipendi: tra i più bassi d’Europa
Non sorprende quanto emerso in relazione alle retribuzioni del corpo insegnante. Il salario lordo medio annuo va dai 2.318 euro al mese della primaria, ai 2.467 euro della secondaria di I grado e arriva fino ai 2.617 euro al mese della secondaria di II grado. Media ben al di sotto di quella dei Paesi OCSE, ma anche dell’Unione Europea. In sostanza, si posiziona tra le cenerentole d’Europa, di molto inferiore rispetto ai livelli retributivi di Germania, Francia e soprattutto Regno Unito.
SVIMEZ 2024: pochissimi docenti under 35
Parafrasando un noto film dei fratelli Coen, si potrebbe dire che l’Italia non è un paese per docenti giovani. Una carriera che inizia tardi, e che si lega al tema degli stipendi. L’inadeguatezza retributiva, infatti, porta molti giovani a non considerare le opportunità di una carriera nel settore scolastico. Tornando ai numeri, la media nazionale di insegnanti under 35 è del 4%. A livello territoriale, il 5,3% si posiziona al Centro-Nord, mentre solamente il 2,5% è impiegato nelle aree del Mezzogiorno.
L’età media di un docente italiano è di 52 anni. Gli insegnanti over 54 rappresentano la fetta più importante dell’organico, con circa il 38,3% impiegato nel Centro-Nord e addirittura il 46,6% nel Mezzogiorno. Infine, per quanto riguarda la composizione di genere, le donne rappresentano quasi l’86% del personale complessivo, con profonde differenze tra i gradi di istruzione. Gli uomini, infatti, sono pari all’1% nell’infanzia e al 4% nella primaria. Percentuale che sale al 23% nella secondaria di I grado e al 31% nella secondaria di II grado. Il rapporto SVIMEZ 2024 è consultabile sul sito ufficiale.