Stipendi
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Autonomia differenziata, la prossima entrata in vigore della legge N. 86 riguardante le disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario (pubblicata in Gazzetta Ufficiale) sta facendo preoccupare il mondo della scuola. Un articolo pubblicato su ‘Repubblica’ ha analizzato i possibili effetti dell’autonomia differenziata.

Autonomia differenziata, docenti che insegnano in Veneto pagati di più rispetto ai colleghi della Calabria

Uno dei punti più discussi è quello riguardante le possibili differenze di stipendi. Luca Bianchi, direttore di Svimez, ritiene che questo sia il tema principale della discussione, un tema sul quale ‘non ci sono garanzie. Svincolare gli stipendi dal contratto nazionale – ha sottolineato Bianchi – reintrodurrebbe le gabbie salariali e sarebbe disastroso: una maestra è tale a Scampia come a San Babila e non c’entra il costo della vita’. L’economista dell’Università di Bari, Gianfranco Viesti, ha osservato: ‘Si arriverebbe nella scuola a dipendenti ministeriali o regionali e se uno vince un concorso in Veneto potrà andare a insegnare fuori? Tutte incognite sul potere che si trasferirà’. 

Il quotidiano Repubblica, analizzando i possibili rischi ed effetti dell’autonomia differenziata sul futuro della scuola, ha parlato, in tema di stipendi NoiPa, di docenti che insegnano in Veneto potrebbero essere pagati di più di chi svolge lo stesso tipo di attività in Calabria. ‘Uffici scolastici regionali non più alle dipendenze di viale Trastevere – osserva il giornale – ma dei governatori. Il sistema scolastico privato che potrà rafforzarsi sul modello della sanità lombarda. Programmi piegati alle esigenze del territorio della libertà di insegnamento e dell’unità culturale del Paese’. 

Repubblica, pur mantenendosi prudente, non esita ad indicare due rischi, in particolare: i contratti regionali per i prof e la crescita delle disuguaglianze tra i banchi. Viene osservato, in particolare che l’Istruzione rappresenta una delle materie di competenza concorrente per la quale la legge Calderoli rimanda alla definizione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep), ovvero standard minimi di servizi garantiti su tutto il territorio nazionale. Con una riforma a costo zero, sarà difficile finanziarli stabilendo gli investimenti necessari alle regioni per adeguarsi agli standard.

Si corre il rischio di creare delle gravi disuguaglianze territoriali: ‘Un bambino che vive a Napoli frequenta un anno di scuola in meno, senza mense e tempo pieno, rispetto al suo coetaneo di Milano – osserva il quotidiano Repubblica – La regionalizzazione della scuola rischia di accentuare le disuguaglianze tra i banchi’. Secondo la leader di FLC-CGIL, non si tratterebbe solamente di un gap tra il Nord e il Sud ma anche quello tra il centro e la periferia.