Gli stipendi dei docenti italiani si collocano tra i più bassi in Europa, una situazione che riguarda in modo particolare i neo-assunti e i precari. Nonostante le promesse di aumenti, i dati mostrano un quadro preoccupante che necessita di interventi urgenti. Gli insegnanti italiani continuano a guadagnare meno rispetto ai loro colleghi europei, soprattutto nelle fasi iniziali della carriera. Nonostante le dichiarazioni ottimistiche del Governo su presunti aumenti salariali “stratosferici” per il personale della scuola, della ricerca e dell’università, Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL, afferma che la realtà è ben diversa.
Stipendi docenti italiani: un confronto impietoso con l’Europa
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale di Anief, “è necessario un cambio di passo sui compensi del personale docente, soprattutto per coloro che percepiscono stipendi insufficienti, come molti insegnanti fuori sede che faticano a far quadrare i conti a fine mese”. Pacifico insiste sulla necessità di ripristinare il primo “gradino” stipendiale dopo tre anni dall’immissione in ruolo, anziché dopo otto come avviene attualmente. Questo adeguamento, attivo fino al 2011, oggi è rivendicabile solo tramite ricorsi dei precari assunti in passato. “È ora di porre fine allo sfruttamento della precarietà,” conclude Pacifico.
Le promesse del Governo e la realtà dei fatti: un divario ancora troppo grande
“Il contratto istruzione e ricerca è scaduto da due anni e le risorse stanziate nelle ultime leggi di bilancio sono nettamente inferiori rispetto all’inflazione maturata nel triennio di riferimento”, sottolinea Fracassi. A fronte di un’inflazione reale del 18%, gli aumenti previsti sono solo del 5,78%, con un divario del 10% rispetto a quanto necessario per mantenere il potere d’acquisto e garantire la parità di trattamento economico con altri settori della pubblica amministrazione, dove la disparità è di circa il 18%.
La conferma di questa disparità arriva anche dagli ultimi dati dell’Ocse – Education at a Glance 2024, che evidenziano come le retribuzioni italiane siano tra le più basse della media UE in tutti i gradi di scuola. La FLC CGIL, in vista della Legge di Bilancio 2025, chiede risorse aggiuntive per affrontare l’inflazione e valorizzare i settori della conoscenza. “Se non ci saranno risposte adeguate, organizzeremo una mobilitazione generale”, conclude Fracassi.