Il Natale, periodo di gioia e festa, si è trasformato in una delusione per molti dipendenti pubblici, colpiti da una brutta sorpresa legata all’anticipo dell’IVC negli stipendi, tanto pubblicizzato. Anche chi è ottimista per natura, deve affrontare la realtà. Le promesse di bonus di fine anno, oscillanti tra i settecento e i duemila euro, hanno illuso di un riconoscimento giusto per il duro lavoro svolto. Tuttavia, l’esperienza passata avrebbe dovuto far riflettere più attentamente, perché ha più volte insegnato.

Bonus di fine anno super tassato?

La FLC CGIL aveva anticipato che l’anticipo dell’IVC sarebbe stato ‘il pacco di Natale’. Le speranze di un bonus netto sono state infrante dall’INPS, il quale, con una circolare, ha spiegato che la cifra erogata non si aggiungerà al totale imponibile ma che il bonus diventa “neutrale” ai fini del taglio del cuneo. Il peso dei contributi sul bonus, sommato all’Irpef e alle tasse locali e regionali, comporta un recupero dell’indennità di vacanza contrattuale quasi dimezzato. I dipendenti pubblici, già colpiti dall’inflazione durante il rinvio del contratto, vedono ora scemare significativamente il valore effettivo del bonus.

La domanda che sorge spontanea è: gli aumenti contrattuali attesi, saranno considerati neutrali ai fini del taglio del cuneo fiscale, oppure facendo superare la soglia dello scaglione di reddito, comporteranno un aumento ulteriore della tassazione causando un taglio dello stipendio? Gli aumenti contrattuali dovrebbero essere trattati con la stessa neutralità dichiarata per il bonus, evitando clausole penalizzanti per i lavoratori.