Finalmente si pone un punto fermo sulla questione delle somme che il docente è tenuto a restituire nel caso in cui abbia ricevuto stipendi superiori al dovuto. E a stabilire i limiti è una recentissima sentenza del Tribunale di Latina che ha accolto il ricorso di un docente di sostegno che, assunto su una classe di concorso ITP (dunque come docente diplomato) era stato, però, pagato per anni, come un docente laureato in quanto in possesso anche dell’abilitazione su classe di concorso a cui si accede con la laurea. Si trattava di un credito erariale che il MEG aveva quantificato in oltre 25.000 euro, includendo anche tutte le imposte sul reddito che il docente aveva già versato allo Stato.
Stipendi, restituzione somme e giurisprudenza
Il Prof., con il patrocinio dell’Avv. Maria Rosaria Altieri del foro di Cassino, si è rivolto al Tribunale del Lavoro di Latina, lamentando che la pretesa restitutoria del MEF fosse del tutto illegittima, atteso che, pretendendo che venissero restituite anche tutte le somme già versate dal MIM a titolo di imposte sul reddito, si finiva per obbligare il lavoratore a restituire più di quanto egli avesse effettivamente percepito.
L’Avv. Altieri evidenziava come la giurisprudenza civile (ex multis, Cassazione, sezione lavoro, sentenze 2 febbraio 2012, n. 1464 e 25 luglio 2018, n. 19735; Ordinanza 21 giugno 2022, n. 19948), ma anche quella amministrativa (ex multis, Tar Toscana, sezione I, sentenza 22 giugno 2017, n. 858) e quella contabile (ex multis, Corte dei Conti, sezione regionale Umbria, delibera n. 120/2015) hanno stabilito che nei casi di recupero delle somme indebitamente erogate al dipendente è ammissibile il diritto del datore di lavoro alla ripetizione di quanto il dipendente abbia effettivamente percepito (somma netta) e non anche le ritenute fiscali operate quale sostituto d’imposta e mai entrate nella sfera patrimoniale del lavoratore. Diversamente, si avrebbe un aggravio ingiustificato per il lavoratore medesimo costretto a rifondere più di quanto concretamente ricevuto.
Il Decreto Rilancio
La difesa, poi, sottolineava che i principi espressi dalla giurisprudenza erano stati recepiti dall’art. 150, comma 1, del D.L. 19 marzo 2020 n. 34 (cd. Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, che ha inserito nell’articolo 10 del TUIR (DPR 917/1986) che, al comma 2 bis, dispone che “Le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili”.
Dunque, secondo quanto stabilito dalla norma le somme indebitamente erogate al lavoratore o al pensionato, se assoggettate a ritenuta, devono essere restituite al sostituto d’imposta al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione e non costituiscono oneri deducibili.
La sentenza
Dopo quasi due anni di causa, il Tribunale ha accolto il ricorso proposto dal docente, stabilendo che egli sia tenuto alla restituzione, a titolo di recupero credito erariale, delle somme percepite in eccesso rispetto al dovuto, al netto delle ritenute fiscali. In tal modo il docente avrà un abbattimento delle somme da restituire di circa il 40% rispetto a quanto originariamente richiesto dal MEF.