Stipendi
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Dopo la pubblicazione del rapporto OCSE ““Education at a Glance 2024”, che ha messo a confronto i salari degli insegnanti in Europa e alla luce del rinnovo del Contratto Scuola, si è riacceso il dibattito in merito alla remunerazione del personale scolastico in Italia. Come abbiamo visto, i sindacati hanno espresso il proprio disappunto e sui social dedicati tantissimi sono i commenti negativi dei docenti. Qui di seguito riportiamo l’ultimo comunicato del sindacato FLC CGIL sulla questione, secondo cui la valorizzazione dei docenti italiani non passa da improbabili riforme ma dal garantire stipendi decenti e posti stabili.

Stipendi dei docenti italiani troppo distanti dai colleghi europei 

“Dopo le ultime imprecise dichiarazioni del ministro degli stipendi degli insegnanti, vogliamo ricordare che il governo ha previsto, per il rinnovo del contratto Istruzione e Ricerca 2022-24, risorse per un incremento del 5,78% a fronte di una inflazione cumulata che tocca il 18%. Circa 137 euro lordi su base mensile, un terzo di quanto necessario. Servirebbero – solo per rispondere all’inflazione – 426 euro al mese”. E’ quanto si legge in una nota della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

“Ricordiamo che il problema è la grande distanza salariale rispetto agli altri paesi europei ma anche rispetto al resto del pubblico impiego, con un differenziale di quasi il 20%. Questa situazione – ha spiegato il sindacato di categoria – è stata determinata anche da una sconsiderata politica di tagli, di blocchi dei gradoni, delle progressioni di carriera e della contrattazione nazionale, introdotta dall’allora governo Berlusconi che ha congelato gli stipendi per ben 10 anni”.

La scuola non è una priorità del governo

“Sarebbe bene evitare di sommare le pere con le mele – ha continuato a spiegare il sindacato -, la riduzione del cuneo contributivo non è una misura finalizzata al personale della scuola ma riguarda tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati che hanno redditi al disotto dei 35 mila euro”.

“Infine – ha concluso la FLC CGIL – ricordiamo che è il Consiglio dei Ministri che decide e definisce le risorse da mettere in campo nelle leggi di bilancio: la scuola ma anche l’università, la ricerca e l’Afam, evidentemente non sono una priorità per il governo così come non lo sono i lavoratori e le lavoratrici della conoscenza”.