Lo straining differisce leggermente dal mobbing, e si applica anche nel contesto lavorativo scolastico. Una sentenza recente (pronunciamento N. R.G. 1127/2017, reso in data 18 settembre 2023) del tribunale di Gela condanna la condotta del Dirigente scolastico di una scuola e del MiM, in riferimento a tale comportamento. Il mobbing è la condotta di un superiore gerarchico o collega tenuta nei confronti di un lavoratore, che si manifesta con comportamenti a carattere persecutorio e vessatorio, ostili, reiterati e sistematici. Il termine straining deriva dall’inglese “to strain”, e ha il significato di “mettere sotto pressione” o“stringere”. Indica una condotta vessatoria caratterizzata da una azione di molestia unica ed isolata, che procura alla vittima stress forzato, i cui effetti negativi sono duraturi nell’ambiente lavorativo. Non presenta la “continuità” delle azioni vessatorie del mobbing.

Il caso in Tribunale

Come si evince dalla documentazione, il docente ha denunciato che il dirigente scolastico ha adottato un costante atteggiamento discriminatorio e persecutorio (mobbing), che l’hanno determinata a chiedere e ottenere il trasferimento presso altra scuola per svolgere l’attività professionale il successivo anno scolastico. Secondo la tesi del ricorrente, avrebbe adottato una sequela di comportamenti, sotto l’apparente forma di atti di gestione, volti unicamente a realizzare un disegno persecutorio finalizzato a screditare la sua immagine e professionalità. Tali azioni “mobbizzanti” si sarebbero sostanziate nell’esclusione dall’assegnazione di incarichi aggiuntivi, che il docente aveva svolto con regolarità prima dell’avvento del nuovo dirigente, nella contestazione di addebiti disciplinari del tutto infondati, dall’emarginazione dal resto del corpo insegnanti, con l’invito agli altri collegi di non interloquire con lei, e alla commissione di un falso ideologico posto in essere con l’alterazione di una richiesta di concessione di ferie e permessi.

Inoltre, ha lamentato una lesione alla professionalità determinata dal demansionamento subito a seguito della mancata assegnazione dei predetti incarichi professionali. Infine, ha chiesto l’illegittimità della sanzione disciplinare che le era stata inflitta.

Mobbing o straining?

Il Giudice del Lavoro pur riconoscendo che “… risulta non essere stata provata una condotta di mobbing, quindi un atteggiamento persecutorio di carattere sistematico posto in essere dal dirigente. …, … Tuttavia, dall’elencazione delle condotte imputate al dirigente scolastico, è possibile individuare una serie di atti sequenziali del dirigente scolastico che, per modalità e intensità psicologica, è certamente ascrivibile nell’ambito dello straining.”

Infatti, come si legge nella sentenza, “Il giudice di merito, quindi, pur se accerti l’insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di mobbing, è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti – per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto – la fattispecie possa essere qualificata come straining. Tale tipologia di condotta illecita, più lieve del mobbing, si configura in presenza di elementi che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale evidenziano la creazione, ad opera del datore di lavoro medesimo, di condizioni lavorative stressogene, tali da provocare nel prestatore una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta a incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (Cass. n. 16580/2022)”.

La decisione del giudice

L’insegnante, assistita dagli avvocati Pietro Sciortino e Salvatore Arancio, ha ottenuto la condanna dei resistenti, in solido, al risarcimento del danno alla ricorrente e alla corresponsione delle relative spese legali. Del danno è stato chiamato a risponderne, in via solidale, “il Ministero convenuto, ai sensi dell’art. 2087 c.c., in quanto, colposamente, non è intervenuto per eliminare le condizioni di stress, fonte di danno alla salute della lavoratrice, generato dalla condotta di straining accertata (cfr. ex multis Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291)”.

Nella sentenza leggiamo: “Per questi motivi, sono stati condannati, quindi, in solido il MIM e il prof. XXXXXX XXXXXX al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della ricorrente nella misura di € 10.000,00 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo; è stata dichiarata illegittima la sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto irrogata; è stato rigettato nel resto il ricorso; sono state condannate le parti resistenti, in solido al pagamento, in favore di parte ricorrente delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 9.257,00, per compensi, oltre IVA, CPA e spese forfettarie al 15%, come per legge, oltre € 259,00 per il rimborso delle spese vive.”