Il tema della valutazione degli studenti è sempre molto delicato. Uno dei compiti fondamentali della funzione docente, infatti, è quello di valutare efficacemente i risultati di apprendimento prodotti dall’alunno. Semplice a dirsi, difficile a farsi. Nonostante diverse correnti di pensiero, la media aritmetica dei voti maturati durante il periodo considerato è ancora quello maggiormente adottato. Il noto pedagogista ed esperto Daniele Novara ha però offerto una sua visione, che definisce “valutazione evolutiva”, la quale si discosta dal mero aspetto numerico. Vediamo meglio in cosa consiste.
Il limite della media aritmetica
Immaginiamo uno studente che alla scuola secondaria di secondo grado prende un voto basso, come un 3, all’inizio del secondo quadrimestre. Nella logica sommativa, per riuscire ad arrivare alla sufficienza, lo studente deve prendere un 8, non basterebbe nemmeno un 7. Capiamo che per un alunno che parte da 3, non è semplicissimo. Anzi, è un’impresa!
Il primo passaggio del suo intervento (pubblicato sulla sua pagina Facebook) si focalizza su un primo grande limite della media. Uno studente che ottiene un voto negativo, chiaramente, va in grossa difficoltà nel poter recuperare, in quanto servirebbe un risultato molto più performante. La strada per la sufficienza, quindi, diventa tortuosa in presenza di un 3 in partenza.
La valutazione evolutiva: occorre considerare i progressi
Ci dovrebbe venire in soccorso il buon senso per dirci che la scuola è un luogo di apprendimento e se l’alunno parte da un 3 vuol dire che ha tanto spazio di manovra e non può pensare al voto preso in passato convincendosi che non riuscirà mai a recuperare. La scuola deve registrare i progressi, per cui se un alunno prende un 3, poi passa al 5 e infine passa al 7, per me, come pedagogista, è fuori discussione che la sua valutazione è 7. Non ho alcun dubbio, perché è quello il suo percorso.
Dunque, secondo Novara, un docente dovrebbe distaccarsi dalla media pura, andando a premiare il percorso. Addirittura, secondo il pedagogista, nell’esempio proposto bisognerebbe valutare l’alunno con l’ultimo voto conseguito, andando ad aumentare di 2 punti la valutazione scaturita dalla media.
Cosa prevede la normativa sulla valutazione?
La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni. Questo è un estratto dell’art. 1 del d. lgs. n. 62/2017. Il legislatore già prevede l’unione tra le due tipologie di valutazione, quella formativa e quella sommativa. Pertanto, il docente è già tenuto ad esprimere dei giudizi valutativi che non siano un semplice calcolo aritmetico. Deve sempre integrare quanto espresso dal valore numerico con il percorso nel suo complesso.
Le conclusioni del pensiero di Daniele Novara sulla valutazione evolutiva
Non ha senso mettere insieme i voti, vuol dire focalizzare gli alunni sugli errori e toglierli la motivazione. Se prendi un voto basso al momento sbagliato dell’anno scolastico ti sgonfi, ed è inutile poi dire “ce la puoi fare”.
Ritengo che la sommatoria sia catastrofica, e per questo propongo un’altra modalità di valutazione: la valutazione evolutiva. Questa permette di motivarsi, di stare sul pezzo, di sentire la forza e il gusto dell’imparare, e non di dover fare i conti con un voto sbagliato che magari lo studente ha preso in un momento anche sbagliato della sua storia scolastica.
E se la valutazione fosse involutiva?
Qualcuno ha fatto notare che, seguendo la medesima logica, se ad esempio uno studente prende 8, poi 6 e poi 4, invece di avere la sufficienza dovrebbe essere valutato con l’ultimo voto negativo. Ciò perché il percorso è stato di regresso e non di progresso. In tal caso, però, sarebbe molto probabilmente contestabile, in quanto a livello aritmetico l’alunno avrebbe la piena sufficienza. Insomma, come di consueto, il dibattito su una questione così spinosa è aperto.