Sulla questione del vincolo quinquennale di permanenza nel sostegno come presupposto per poter partecipare alla mobilità su posto comune, si pronuncia finalmente la Cassazione con l’ordinanza n. 32632 del 23.11.2023, stabilendo il fondamentale principio secondo cui, ai fini della maturazione del quinquennio, vanno computati anche gli anni di precariato svolti sul sostegno. La Corte di Cassazione ha ricostruito il quadro normativo partendo dalla norma che introduce detto vincolo, ossia l’art. 12 del d.P.R. n. 970 del 1975, che stabilisce che la mobilità del personale insegnante dal posto di sostegno ai corrispondenti posti o cattedre delle scuole e istituti normali può essere disposta solo nei confronti di coloro che abbiano prestato almeno cinque anni di servizio effettivo di ruolo nelle predette scuole e istituzioni con particolari finalità.

Vincolo quinquennale e principi comunitari

Secondo la Corte, per giurisprudenza ormai consolidata la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone al datore di lavoro pubblico di riconoscere, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera successivi al 10 luglio 2001, l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato, nella medesima misura prevista per il dipendente assunto ab origine a tempo indeterminato, fatta salva la ricorrenza di ragioni oggettive che giustifichino la diversità di trattamento. Ragioni oggettive che nel caso specifico sono insussistenti, atteso che è incontestato che il docente precario sul sostegno svolge, prima della sua immissione in ruolo come insegnante di sostegno, la stessa attività, pur se a tempo determinato.

La continuità didattica non è ostativa

Neppure ragioni di continuità didattica possono legittimare il MIM a non considerare il pre-ruolo ai fini della maturazione del quinquennio. Infatti, secondo la Cassazione il docente che matura il quinquennio di permanenza sul sostegno anche computando il pre-ruolo ha comunque garantito più di cinque anni di servizio come insegnante di sostegno, se si tiene conto del lavoro pre-ruolo, e la P.A. aveva tutto il tempo, quindi, di gestire le proprie risorse anche alla luce del possibile trasferimento al ruolo comune di docenti di sostegno che ormai da anni operavano in loco. Inoltre, quanto al diritto degli studenti disabili alla continuità didattica deve riconoscersi che essi ne hanno beneficiato in concreto, atteso che il docente è stato loro insegnante per molti anni, benché, in parte, a tempo determinato.

Il riconoscimento del servizio su sostegno prestato senza titolo

D’altronde, secondo il Supremo Collegio, le conclusioni sopra esposte trovano riscontro anche nella sentenza n. 16174 del 17 giugno 2019 che riconosce il diritto alla valutazione del servizio sul sostegno prestato senza titolo di specializzazione ai fini della ricostruzione di carriera. Infatti, l’art. 485 T.U., nella parte in cui richiede, ai fini del riconoscimento del servizio non di ruolo, il possesso del solo titolo di studio, esprime una precisa scelta del legislatore di considerare unicamente quest’ultimo condizione imprescindibile ai fini della ricostruzione della carriera, senza autorizzare differenziazioni sostanziali fra la situazione degli insegnanti di sostegno e quella dei docenti ordinari.

Il principio espresso dalla Cassazione

Sulla base di tali premesse, la Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto “Ai fini del calcolo del periodo di cinque anni di servizio effettivo di ruolo di cui all’art. 12 del d.P.R. n. 970 del 1975, deve essere computata anche l’anzianità maturata dall’insegnante di sostegno sulla base di precedenti contratti a tempo determinato aventi ad oggetto la medesima prestazione lavorativa”. Questa importante ordinanza, però, non vincola direttamente il Ministero a modificare la norma contrattuale che prevede detto vincolo, ossia l’art.23 comma 7, secondo cui “Il trasferimento ai posti di tipo speciale, ad indirizzo didattico differenziato e di sostegno comporta la permanenza per almeno un quinquennio a far data dalla decorrenza del trasferimento su tali tipologie di posti. […..]”.

Per cui nell’ipotesi in cui la citata norma non venga spontaneamente modificata dal MIM in occasione della prossima mobilità, il docente interessato dovrà necessariamente agire in giudizio per ottenere la valutazione del servizio pre-ruolo sul sostegno ai fini della maturazione del quinquennio di permanenza sul posto di sostegno nella domanda di mobilità su posto comune. Avvocato Maria Rosaria Altieri.